Sull'Alzheimer
21.03.2017

Non ti ricordi dove hai messo il mio libro, eh? Non fa niente, ora lo cerchiamo... Sei arrabbiata, adesso.
Quando ti ho incontrata eri una donna piena di segreti e di manie, bellissima, che sapeva tenere in pugno tutti.
Quando perdi lo sguardo, io cerco di ricordarti.
Tempestosa, capelli sottilissimi che potevano spezzarsi, mani senza fine; e poi, solo a guardarti bene, avevi qualcosa di acerbo, qualcosa da ripensare, da osservare mentre cambiavi. Eri una donna che poteva dimenticare tutto e ritrovarsi sempre. Adesso ti ritrovo io; tu mangi piano, col cucchiaio, col tovagliolo vicino al piatto. La casa è sempre calda, la accendo con mille stufe e mille camini.
Quando sei stata due anni in Inghilterra parlavi un italiano stranissimo, pieno di parole inglesi e di parole inventate; sgrammaticato, allegrissimo. Mi dicevi: "Come si dice quando...?"; allora io te lo dicevo. "E quando...?". Allora io te lo dicevo. Ho sempre voluto essere quello che ti trova le parole. Poi hai tagliato i capelli, cambiato modo di vestire, hai comprato borse che ti facevano sembrare adultissima, professionale; parlavi tutta seria, con certi maglioni a collo alto. Eppure, ancora, qualche volta, distrattamente, mi chiedevi: "Come si dice quando...?". Allora io te lo dicevo.
Ho ritrovato il libro che avevamo perso.
Ti guardo sempre, con la stessa dolcezza, con lo stesso rancore. Penso che mi arrabbierò quando non saprai più dirmi il mio nome, o non cercherai il mio viso pieno di rughe con le dita lunghissime. Mi arrabbierò con te, persino. Con la rabbia che razionalmente e minutamente ho accumulato per anni. Mi arrabbierò perché non sai più ritrovarti, perché non mi chiedi più di cercarti le parole. E se mi chiedi adesso "Come si dice quando...?", guardo avanti, guardo come guardi tu.
Scritto da Walter Farnetti; Immagine di W. Kandisky, Circles in a Circle, 1923