Sul Disturbo Ossessivo Compulsivo

16.03.2017

La prima volta che l'ho vista tutto nella mia testa si è tranquillizzato: tutti i tic, le immagini continue e ricorrenti, sono semplicemente scomparsi.

Quando hai il Disturbo Ossessivo Compulsivo non vivi mai davvero momenti tranquilli. Anche a letto, penso: 
Ho chiuso le porte? Sì.
Mi sono lavato le mani? Sì.
Ho chiuso le porte? Sì.
Mi sono lavato le mani? Sì.
Ma quando l'ho vista, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era la curva delle sue labbra o le ciglia sulla sua guancia.
Le ciglia sulla sua guancia.
Le ciglia sulla guancia.
Sapevo che dovevo parlarle.
Le ho chiesto di uscire sei volte in trenta secondi, lei ha detto di sì dopo la terza, ma nessuna sembrava andasse bene, quindi ho continuato.
Al nostro primo appuntamento ho passato più tempo a organizzare la cena secondo i colori, che a mangiare o a parlare con lei.
Ma lei lo adorava. Amava il fatto che dovessi salutarla sedici volte, o ventiquattro volte se era mercoledì. Amava il fatto che ci mettessi una vita a tornare a casa a causa delle crepe sul marciapiede. Quando siamo andati a vivere insieme, ha detto che si sentiva al sicuro: nessuno avrebbe potuto derubarci perché chiudevo la porta 18 volte.
Avrei guardato sempre la sua bocca mentre parlava.
Mentre parlava.
Mentre parlava.
Mentre parlava.
Mentre parlava.
Quando mi diceva che mi amava, la sua bocca si arricciava ai lati, disegnando una curva all'insù.
Di notte si metteva a letto e mi guardava spegnere le luci, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle, e accenderle, e spegnerle. Chiudeva gli occhi e fingeva che i giorni e le notti si stessero alternando.

Poi  qualcosa è cambiato.    Le mattine, cominciavo a salutarla ma lei andava via prima che finissi,  perché altrimenti avrebbe tardato a lavoro. Quando mi fermavo a una crepa sul marciapiede, lei continuava a camminare. Quando mi diceva Ti Amo, le sue labbra non disegnavano più nessuna curva, ma erano dritte.
MI ha detto che le stavo rubando troppo tempo.
La scorsa settimana ha iniziato a dormire da sua madre, mi ha detto che non avrebbe dovuto permettere che mi legassi a lei così tanto, che tutto era un errore.
Ma come può essere un errore che non debba lavarmi le mani dopo averla toccata? L'amore non è un errore, e mi uccide il fatto che lei riesca a fuggire via da tutto questo, mentre io non posso. Non posso, non posso uscire e trovare qualcuno di nuovo perché penso sempre a lei.
Di solito, quando sono ossessionato da qualcosa, vedo dei germi nascosti nella mia pelle, vedo me stesso investito da una successione infinita di macchine. Era Lei la prima cosa bella su cui mi ero fissato. Voglio svegliarmi ogni giorno pensando al modo in cui teneva il volante, il modo in cui girava il rubinetto della doccia come se stesse aprendo una cassaforte, il modo in cui spegneva le candele.
Spegneva le candele,
spegneva le candele,
spegneva le candele,
spegneva...
Mi chiedo chi sia a baciarla, adesso. Non riesco a respirare se penso che lui la bacia solo una volta, non chiedendosi se sia un bacio perfetto.
Voglio lei disperatamente. E non chiudo a chiave la porta e lascio le luci accese.


di Neil Hilborn, OCD ;      Immagine: M.C. Escher, "Day and Night", 1938 

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