Storie fotografiche: Depressione
20.04.2017

Cecilia attende senza fretta un autobus che non arriva mai.
Si appoggia al palo per rimanere in piedi, le ginocchia allenate a non tremare, il fiato sospeso. Affianco tanta gente, ma Lei ha imparato a farsi da parte, a spostarsi di lato, appena un po' più in là.
Le strade intorno si incrociano in un nodo spessissimo, si rischia di rimanere incastrati mentre le si guarda cercando un confine, uno qualsiasi, che sappia di Luce.
E' come cadere senza un preavviso di vertigine, trascinandosi in basso, un viaggio in barca senza vento.
Cecilia si morde le labbra quando non sa come salvarsi.
Prima di dormire affoga gli occhi, nasconde il viso tra le gambe, stringe le dita, si aggrappa, cerca la forza di rimanere ancora qui.
Un giorno ha smesso di guardar volar via gli aereoplani di carta, ha smesso di sperare in un volo oltremare.
Quando gliel'ho chiesto, mi ha risposto che si comincia così, col non aspettarsi più niente, indossando l'anima come fosse il vestito di un fantasma.
Si diventa vani, poco più di un contorno, una scatola vuota.
Se l'autobus arriva, Cecilia allora sale.
Lo sguardo d'acquarello, un piede dietro l'altro.
Si fa da parte, si siede di lato.
Appena un po' più in là.
Scritto da Silvia Rossi; Foto di Davide Mottola "Anna" (2017)