Di Deliri e Paranoia
19.03.2017

Apro gli occhi. O forse non li ho
chiusi affatto.
Mi alzo, sono già vestito, le scarpe
ai piedi e il cappotto ben abbottonato. Certo, sono già vestito, devo mantenere
costante la mia temperatura corporea.
Le palpebre pesano come serrande, ma
non posso dormire: il raid aereo di ieri sera potrebbe riprendere. Fino a che
ora è durato? Le tre, le quattro, non lo so.
Caffè, ho bisogno di caffè. Questo mi
aiuta, non i sedativi... mi rendono vulnerabile.
Eccolo, il caffè. Una merda, chissà
cosa c'è dentro. Però alimenta il sapore della sigaretta, le da più gusto.
Mangiare qualcosa? Non se ne parla. Dentro quei biscotti c'è
l'eroina, lo so; per non parlare della marmellata, neanche voglio pensarci.
Sigaretta. Tre boccate ed è già
finita, altre dieci boccate e sono alla quarta. O sesta? Non importa, ho altro
a cui pensare: Chi si è intrufolato in camera mia stanotte e chi la notte
prossima? Devo prendere quei dannati soldi, prima o poi, e andarmene a Parma, a
Chieti, a Berlino.
Sì, Berlino. Perfetto. Che poi a
Berlino... i neonazisti, i Turchi... lì sì che rischierei di brutto eh ... Sigaretta.
Passo vicino a quei quattro che
parlano, parlano di me, non c'è dubbio. E quello? Cosa fa con un telefono in
mano? Di certo non sta leggendo un messaggio, sta... sta facendo una foto. A me.
Mi ha fotografato! Cancellala immediatamente! Mi guarda esterrefatto, ma io so
cosa ha fatto e... Mi siedo a tavola. Quei pomodori hanno un colore spaventoso e
un odore che sa di veleno e morte. Mi vogliono annientare, che li mangiassero
loro! Anche quella ragazza mi fissa, forse anche lei vuole entrare in camera
mia stanotte e, chissà, anche nel mio letto e fare dio solo sa cosa. Niente farmaci,
sarei vulnerabile e potrei essere aggredito. E' sera, apro la finestra e l'aria
fredda dell'inverno mi punge il viso. Il cappotto è al suo posto, le scarpe ai
piedi. Forse morirò stanotte. Mi stendo sul letto.
Apro gli occhi.
Scritto da Paolo Garzoli; Immagine di Otto Dix, Autoritratto (1918)